Filare era una delle tante attività svolte dalle donne della Valsugana. Nel contesto rurale, la componente femminile del paese giocò sempre un ruolo fondamentale nell’economia, non solo domestica. Con i mariti impegnati come venditori itineranti d’inverno e boscaioli d’estate, alle mogli toccavano infatti la cura dei figli, la preparazione dei pasti e tanti lavori legati alla gestione degli animali e della campagna.
Anna la filatrice si concentra sulla roda di legno, dove con movimenti agili e precisi trasforma il vello delle pecore in lana pregiata per confezionare maglioni, calze e berretti. Alcuni sono per i figli, altri per il nipotino che arriverà in primavera. La donna spera che alla fine resti ancora abbastanza tessuto per preparare qualche sciarpa da vendere al mercato. È così assorta nel lavoro da non accorgersi nemmeno che il sole sta per tramontare. La sera per lei è il momento più difficile della giornata. La tremula luce della candela le restituisce il ricordo del marito, là fuori, con la sua ingombrante casséla come unica compagna di viaggio. Chissà se una famiglia gentile lo inviterà a mangiare la zuppa o a dormire nella propria stalla. Ha sentito dire che i tempi stanno cambiando e che in città ormai non ci si fida più di nessuno, ma spera che questa nuova moda ci metta ancora qualche anno ad arrivare tra i masi dell’Alto Adige dove il suo Berto si reca ogni inverno a vendere sementi e stampe sacre. Ancora un paio di stagioni e poi potrà smettere di fare il doppio lavoro. Giusto il tempo che Esterina si diplomi maestra, Anselmo si riprenda dalle ferite del fronte, Felix cominci l’apprendistato da falegname e Giannina si iscriva alle elementari. I suoi bambini, così piccoli eppure già grandi! Anna si alza, rassettandosi la gonna. Poi, senza farsi vedere da Giannina che sta aspettando davanti al fuoco il ritorno della sorella maggiore con la sua riserva inesauribile di storie di fate e folletti, apre il cassetto più alto della credenza. Lì, avvolti nei fogli di giornale, ci sono quattro paia di calzettoni di lana grossa, la più bella prodotta quest’anno dalle pecore. Anna ne mette un paio sotto il cuscino di ciascun figlio. Davanti all’ultimo letto, lo sguardo le cade sui suoi piedi. La lana dei calzini infilati nelle pantofole logore, una volta spessa e chiara, è spenta e sforacchiata. Forse, anziché vendere tutta l’eccedenza, potrebbe tenere un po’ di tessuto per sé. O forse no, perché come tante donne di montagna il suo regalo di Natale non sono i doni che riceve, ma i sorrisi che, nonostante le ristrettezze economiche e le difficoltà, riesce sempre a dipingere sul volto di chi ama!